Ho sempre pensato che i pensieri sull’architettura e sull’ambiente, oltre che con gli addetti ai lavori, dovrebbero essere condivisi con le altre persone. Sin dai primi confronti invece, una volta diventato professionista, mi sono convinto che agli architetti piace parlar di loro, tra di loro, un po’ come i #marinai di De Gregori; esercizio utile per acquisire conoscenza tecnica, privo però di capacità di coinvolgimento nei confronti della gran parte delle persone, che poi, invece, sono quelle sulle quali il nostro lavoro incide, con importanti riflessi sulla loro qualità di vita e relazionale. Ciò anche per il gusto, spesso autoreferenziale, di usare un linguaggio aulico, a volte criptato, difficile se non repulsivo; sono convinto che, in qualche misura, ciò sia una delle concause delle difficoltà che la disciplina vive da moltissimi anni. Ho sempre cercato perciò, in tutti i modi, di parlare di queste cose in modo semplice, di trasferire curiosità e informazioni su temi che dovrebbero appassionare tutti noi a prescindere, perché il diritto alla bellezza, l’interesse per il rispetto degli equilibri naturali è connaturato all’essere umano. Ho avuto l’opportunità di usare il mezzo televisivo per un decennio, occupandomi di residenze, di design e di problemi spiccioli, quotidiani. Ho provato poi a farlo con la stampa, per altri lunghi anni metodicamente, grazie al giornale della mia città spostando l’obbiettivo su temi di carattere più generale, facendo esercizio di semplicità di scrittura per rendere comprensibile il senso del testo e dei ragionamenti ad un pubblico vasto ed eterogeneo; nel convincimento che il parlare/scrivere difficile può darti lustro nel tuo ambiente, forse, ma non avvicina le persone ai temi che vorresti o sarebbe utile comprendessero. In questi ultimi mesi, grazie ad un’idea di Tiziana Longo carissima amica oltre che preziosa collaboratrice, ho sperimentato la radio con un ciclo di quattordici trasmissioni condotte da Alberto Conti, conclusosi proprio pochi giorni fa. E’ cambiato il mezzo non l’approccio, ed è stato un tentativo di dare ad un interlocutore generico, che non vedi e del quale non puoi misurare immediatamente le reazioni, informazioni su temi che troppo poco sono all’ordine del giorno della pubblica opinione. L’abbiamo fatto cercando di portare anche il contributo di esperti, che abbiamo affettuosamente costretto al confronto con il linguaggio e con il mezzo. Non avremmo potuto farlo senza l’aiuto e la #complicità di Radio Lab, che il media ci ha messo a disposizione e che ha voluto scommettersi in una cosa, mi dicono, poco o nulla sperimentata in Italia in questo settore: scoccare, solo con le parole, senza rete e senza immagini, delle frecce di interesse sull’architettura e l’ambiente verso una platea indifferenziata di ascoltatori. Presunzione? Incoscienza? non lo so; quel che so è che questo mi ha intrigato e divertito. Spero -era lo scopo- sia servito anche a instillare una curiosità in più alle persone e, attraverso questa, la voglia di meglio comprendere il luogo dove viviamo, pubblico o privato che sia. Alla prossima…