Non voglio raccontarvi il film di Steven Spielberg, solo ragionare, tra me e me più che altro, sulla figura dell’imprenditore; che non limito a chi esercita un’attività di impresa ma estendo a tutti coloro, imprenditori, professionisti, politici e altri che, attraverso la loro attività, interagiscono con la società e con l’economia. Sono, siamo, praticamente tutti imprenditori perché produciamo prodotti, idee, azioni che hanno a che fare con la vita delle persone, con il loro benessere, non solo in senso materiale. Nell’antichità esisteva la figura del mecenate, colui il quale metteva a disposizione le proprie risorse con lo spirito del #dono; ne abbiamo avute tante di queste figure e la gloria di molte città ad esse è dovuta. Non sono mancate in tempi più recenti; vado con la memoria ad Adriano Olivetti, le cui opere imprenditoriali, anche la loro materializzazione fisica nel corpo della città, sono assurte a riconoscimenti mondiali. Oppure, oggi, a Brunello Cucinelli per esempio, tra gli uomini più ricchi d’Italia che per le sue attività adotta un criterio etico, nel quale il territorio in cui opera, la qualità della vita delle persone che con lui lavorano e le comunità in cui vivono sono diventate uno dei focus più importanti dell’azione aziendale. Rarità, certamente, perché la globalizzazione, la possibilità di far viaggiare velocemente i capitali e le idee, l’eccesso di competitività che possiamo sintetizzare con l’espressione capitalismo globalizzato ( o liberalizzazione come più vi piace) ci ha reso una società più spregiudicata, distante dall’altro, volta prevalentemente a perseguire tornaconti personali, rendendo attuale il principio machiavellico secondo il quale il fine giustifica i mezzi e, quando il fine è egoistico possiamo ben misurare quali riflessi si possano determinare. Le crisi aziendali che l’Italia vive, i trasferimenti di produzione da uno Stato all’altro malgrado si siano percepite rilevanti risorse pubbliche, le speculazioni -politiche o no- volte alla raccolta di un consenso e non alla soluzione strutturale di problemi ne sono un esempio; ma vale anche per ambiti più ristretti della Società: la moda imperante, ai nostri giorni, è quella di mascherare la ricerca di un interesse personale con il finto perseguimento di interessi generali, spesso legati a problemi contingenti. Si confrontano tra loro, in sostanza, due figure: quella dell’imprenditore, il quale persegue l’interesse della sua attività attento anche alla creazione di un vantaggio collettivo e quella del #prenditore -persona o organizzazione- che cerca in tutti i modi di prendere, prendere e accumulare: denaro, consenso o potere sfruttando le persone, i luoghi che ha attorno, prosperando sul disagio o sulla sottomissione degli altri. E’ una figura che vediamo, ne leggiamo, subiamo tutti i giorni in tutti gli ambiti e nessuna categoria ne è esclusa, sia nell’esserlo che nel subirne le azioni. Ognuno di noi, se si prende due minuti per rifletterci, ne individuerà diversi. Ognuno; salvo quelli che, con altrettanto egoismo, cercano di raccogliere le briciole che i #prenditori, volenti o nolenti lasciano cadere o quelli che incoscientemente pensano che il mondo è andato sempre così e non c’è nulla da fare: sono materia vitale per i prenditori, perché senza di essi difficilmente esisterebbero. Per fortuna però esistono le eccezioni, magari non appariscenti o meno inclini a mostrarsi perché, come recita il detto, il bene si fa ma non si dice.