Caro Francesco, leggevo sul nostro quotidiano delle vicende relative al Palazzo delle Poste, quell’edificio “brutalista” costruito alcuni decenni fa su progetto di Benucci e Valensise. Fu una stagione dove altri edifici, con la stessa matrice espressiva, vennero realizzati a Catania: questo, la nuova Pretura, il nuovo Tar, la sede dell’Agenzia delle Entrate, prima ancora la Banca d'Italia e, per l’epoca caratterizzata da un’edilizia banale, scontata, spesso francamente brutta, si trattò quasi di una rivoluzione positiva: finalmente nella nostra città si videro edifici pensati compositivamente, coerenti tra la loro forma, funzione e i materiali utilizzati. Ora, stando alle notizie di stampa, dopo moti anni di abbandono, progetti di ristrutturazione a edificio giudiziario, poi per albergo e nuovamente per sede di uffici giudiziari, si parla non più di ristrutturazione/riqualificazione ma di demolizione e sostituzione con un edificio moderno, tutto a vetri. Non appartengo alla schiera, folta, dei #conservatori ad ogni costo anzi, ho fatto mia la frase celebre di Hugo ““la tradizione è fatta di radici e tronco che a ogni primavera devono generare rami, germoglio, fiori e frutti sempre nuovi”; tuttavia alcuni dubbi mi sovvengono. Tralascio quelli relativi alla localizzazione urbanistica e l’aggravio di traffico e funzioni, tra l’altro concentrate in determinate ore del giorno e abbandono nelle altre. Uno dei più incombenti, superato sulla fiducia quello relativo alla possibilità di un suo recupero perché – si apprende dalla relazione tecnica- lo stato di corrosione delle strutture sarebbe tale da non garantire una vita utile sufficiente al fabbricato, è relativo ai valori in campo: si tratta di un edificio di una certa qualità architettonica che fa parte, come detto, di un sistema di edifici dal forte carattere. Il suo sostituto, per così dire, ne garantirà altrettanta? Ho visto un render del preteso edificio sul web che da adito a molte perplessità, almeno al mio occhio. Sembra, ma siamo alle ipotesi, una banale scatola vetrata , stereotipata anche nella pretesa di un giardino pensile sui primi piani che, oltre alla sua datazione concettuale, vecchia di alcuni decenni, offre il fianco a tutte le considerazioni, non positive e verificate dall’esperienza, relative alla sua sostenibilità energetica in un clima come il nostro, per giunta in un ambiente delicato come quello costiero. Non conosciamo i progettisti, che, per un’opera del genere, o dovrebbero esser scelti tramite concorso o almeno esser di chiara fama, non mi scandalizzerei; non conosciamo nemmeno i criteri progettuali, e qui l’assenza di un urban center, tramite il quale acquisire queste informazioni e poterne discutere, si fa proprio sentire. Infine, l’ultimo dubbio è di ordine economico: basteranno i 30/40 milioni di euro, a suo tempo stanziati per l’opera di riqualificazione, per la demolizione e ricostruzione? Su tutto questo non mi pare ci sia sufficiente dibattito in città. Ma, forse, o è troppo presto o sono stato io disattento.