Per molte ragioni si presenta, ogni tanto durante il corso della vita, l’opportunità di cambiare percorso, di andar per una strada che nemmeno sapevamo esistesse. Lo chiamiamo caso, destino, fortuna o avversità e di queste nuove vie siamo molto spesso noi stessi -inconsapevoli o no- ad aprire le porte, come nel film “Sliding Doors”. Succede! Tutto sta nel modo con cui affrontiamo questi cambiamenti, perché cambiare rispetto alle consuetudini, incontrare e relazionarsi con persone o luoghi diversi non è facile. Il segreto forse consiste nel ricordarsi che la natura ancestrale dell’uomo è quella del cacciatore, dell’esploratore; in fondo quella del curioso rispetto all’ignoto che, poi, è sempre stata la molla che ci ha fatto scattare in avanti, verso il progresso. Anche a me è successo di ricominciare, tante volte, mutando equilibri, certezze che pensavo mi avrebbero accompagnato per sempre, anche se niente al mondo è per sempre. Come anche cambiare compagni di viaggio dei quali pochissimi, a parte genitori, figli e coniuge (non sempre), sono #persempre. Mentre lo sono gli amici veri, quelli che ti sono fratelli non per discendenza ma per affinità elettiva, che a volte è più forte e duratura della natura e resiste a tutto, anche a lunghi periodi di separazione. Mi è successo, anche nella vita pratica, di aver percorso strade lunghissime per poi ritrovarmi ad un bivio e all’incertezza sulla direzione da prendere. Eppure è bastato volgere lo sguardo di lato, aver curiosità di andare in un’altra direzione e vedere cosa ci poteva essere da un’altra parte per scoprire nuove strade, paesaggi diversi con altra bellezza e interessi. Che magari si sono rivelati tali dopo aver camminato un po’ su un sentiero accidentato. Oggi, per scelta, mi avvio a vivere nuove avventure, con nuovi compagni di viaggio e in un nuovo luogo. E’ il desiderio di rimettersi in discussione, una ricerca di nuovi stimoli, il cercare nuovi modelli di elaborazione del pensiero attraverso il confronto con chi è diverso da te. In fondo è stata la curiosità di scoprire cosa ci può essere dietro l’angolo che mi ha portato a decidere di lasciare lo spazio di lavoro ovattato e protetto, a mia immagine e somiglianza da moltissimi anni, per proiettarmi in un ambiente assolutamente diverso, concettualmente e formalmente. Uno spazio che nella condivisione -materiale e immateriale- ha la sua ragione d’essere e la sua forma estetica. Dove lavoreremo, io e il mio team, gomito a gomito con altri colleghi, per scambiarci esperienze o anche una risata e un dolcino in occasione dei compleanni tra di noi. E, da queste piccole cose, costruire nuove prospettive che magari non pensavamo potessero esistere. Ecco, questo significa questo nuovo spazio di lavoro. Non solo un luogo fisico magari intrigante ma, soprattutto, un nuovo luogo mentale attraverso il quale mantenere viva la curiosità per il mio lavoro il quale agisce, ed è una grande responsabilità, sugli spazi dove le persone vivono e lavorano. Cosa che vale anche per me stesso.