Se si vuole avere il polso del sentimento di architetti e ingegneri rispetto allo stato in cui si trovano ad operare in Italia, basta fare un giro sul Web: siti, social network, blog, sono pieni di lettere accorate, arrabbiate, rassegnate (poche) a testimonianza di uno stato di disagio trasversale, frutto certamente della crisi economica che stà pesantemente colpendo la classe tecnica ma anche della consapevolezza di avere scarsa o nulla attenzione da parte della classe politica rispetto alle istanze della categoria che, senza essere adeguatamente conosciute , da parti interessate vengono a priori bollate di corporativismo.
Eppure un timido segnale di ascolto era venuto da parte dell’ormai ex-governo, ricordando le recenti dichiarazioni del sottosegretario Casellati circa un percorso di riforma fatto con le professioni e non contro di esse, auspicato anche da autorevoli esponenti del terzo polo se non del PD.
Mentre scrivo si chiude l’esperienza berlusconiana e, salvo fatti imprevedibili, tra poche ore Mario Monti assumerà l’incarico di Presidente del Consiglio.
Non ho la sfera di cristallo per prevedere cosa farà il nuovo governo,tecnico-finanziario, (almeno così si annuncia) di Monti ma, a giudicare dalle sue precedenti esternazioni, non è difficile immaginare un aggravarsi della situazione dei professionisti.
E dire che le professioni negli ultimi anni hanno dimostrato, tranne pochi casi, un forte senso di responsabilità adoperandosi in maniera costruttiva, anche critica, verso uno sviluppo armonico della società, senza chiusure ed egoismi. Azioni concrete a piccola e grande scala che lasciavano intravvedere uno sviluppo fatto di collaborazione e non contrapposizione.
Consiglierei, se ne avessi la possibilità, al senatore prof. Monti un rapido giro su internet, la lettura dei molti documenti che le professioni, specie la mia, hanno elaborato; gli consiglierei di aver attenzione non solo a Confindustria ma anche a tutto quel mondo di lavoratori della conoscenza, due milioni di persone e le loro famiglie, che leggi sbagliate, demagogiche, a volte anche truffaldine, hanno progressivamente impoverito, nella tasca e nella competitività.
Non lo so se il percorso di concertazione avviato continuerà o avranno il sopravvento i potentati economici che vogliono espropriare, si espropriare, le professioni del loro lavoro, i fatti ce lo diranno; certo è che questi interessi non perderanno l’occasione per accaparrarsi questo mercato che, ricordo, rappresenta nel bene e nel male il 15% del PIL italiano, contrabbandando questo tentativo con le convenienze della Società.
Come è già avvenuto ai tempi di Bersani, è facile prevedere che, se questo disegno si avverasse, i cittadini si accorgeranno molto presto della realtà delle cose e non sarà una realtà positiva. Certo in primo luogo per i professionisti ma, cosa più importante, per il sistema Paese che vedrà nel medio periodo ridursi l’offerta di servizi professionali- alla faccia delle proclamazioni di principio dell’Antitrust- che ricordiamoci, serve al mondo dell’impresa, ma serve anche allo Stato, ai singoli cittadini, ai piccoli imprenditori che nel professionista di fiducia hanno avuto fin ora una spalla, un aiuto rispetto alle pretese e alle distorsioni di uno Stato iperburocratico quando non, in qualche caso, semplicemente oppressivo.