Riprendo il monito di Giorgio Napolitano, Presidente della nostra repubblica: il mondo è cambiato, l’economia è cambiatai rapporti planetari sono cambiati e, se vogliamo conservare in qualche misura il nostro benessere, dobbiamo cambiare anche noi. Dobbiamo cambiare i nostri modelli di vita e comportamentali, le nostre aspettative. Penso intendesse dire che non c’è più spazio e posto per le furbizie-piccole e grandi- tipiche dell’italiano medio; che non c’è più spazio per una classe burocratica tutta dedita ai suoi riti e ai suoi privilegi; che non c’è più spazio per l’improvvisazione, il menefreghismo, per le corruttele piccole e grandi, occulte o manifeste. Lo ha detto all’Italia intera dove -parole sue- non ci sono regioni virtuose da premiare e regioni cattive da penalizzare.
Penso lo abbia detto anche al nostro mondo politico, avvitato sulle sue alchimie volte a generare una rivoluzione che ha come fine non quello di risolvere i problemi dell’Italia ma a conquistare posizioni e poteri, senza distinzione di colore e ideologia, oramai sotterrata da un sistema economico-finanziario, più finanziario che economico, dove i più forti cercano -e ci riescono-sopraffare i più deboli.
Non sono tempi felici se siamo disponibili o costretti, al di là dei normali scambi commerciali internazionali, a cedere interi pezzi di territorio ed economia a potenze straniere.
E’ il caso dell’Islanda che potrebbe cedere una congrua parte del suo suolo alla Cina, potrebbe essere il caso della Sicilia che, guarda caso, rappresenta il focus d’interesse per il suo essere naturale piattaforma logistica per gli scambi con il nord-africa. Sono decenni che le intelligenze italiane lo sostengono, chiedendo ai Governi via via succedutisi di attivare gli investimenti necessari a sfruttare questa formidabile rendita di posizione. Sono decenni che i vari Governi cincischiano, promettono (con il do-ut-des), programmano sulla carta e poco o nulla fanno nel concreto. Improvvisamente ci accorgiamo che l’Europa, giustamente stanca di aspettare l’Italia e le regioni meridionali, pensa di annullare la priorità al corridoio Berlino-Palermo, e qui giù lamentele e geremiadi, e nel frattempo non siamo capaci di sfruttare le più che generose risorse economiche che fin qui ci ha messo a disposizione. Non siamo capaci di sfruttarle perché perdiamo tempo in bizantinismi –voglio essere prudente e generoso- quando dobbiamo attivare i bandi, perché ci siamo inventati un sistema disincentivante, a meno dei miracolati di turno, per la redazione dei progetti che sono la base per attivare i finanziamenti.
Quei pochi fondi FAS rimasti dopo l’espoliazione politica non potranno essere spesi per intero perché mancano i progetti esecutivi e quelli che già ci sono vengono ostacolati per ragioni di campanile, politiche o peggio.
Responsabile di tutto questo è stata ed è certamente la politica, ma anche noi stessi che la votiamo, poco per convinzione molto per piccoli interessi.
Allora bisogna guardare con rispetto alle nuove generazioniche con coraggio ed il sorriso sulle labbra chiedono, partendo da casa propria, alla gerontocrazia partitica di farsi finalmente da parte. D’altronde negli ultimi vent’anni di guasti ne hanno già fatti abbastanza ed è arrivato il momento di cambiare. Radicalmente.