Il nuovo millennio è iniziato in un modo indelebile: l’acme del terrorismo con l’attacco alle Torri Gemelle. Prosegue con altri fatti cruenti prefigurando uno scontro tra civiltà -occidentale e islamica- ma che non è storia nuova se guardiamo al primo millennio e al dominio arabo nel Sud-Europa, senza contare lo scontro capitalismo-comunismo del secolo scorso, fonte di molti anni di guerra fredda. Oggi se ne aggiungono altri, ben più complicati, tra Paesi e all’interno dei Paesi, causati dalle variazioni di reddito della cosiddetta “middle-class” base della crescita economica tumultuosa del secondo dopoguerra e conseguenza della crescita dei paesi emergenti. Lo sostiene Moisés Naìm, esponente venezuelano del Forum economico mondiale. Criticità legate alla pesante diminuzione del tenore di vita della classe media nei Paesi ricchi e al parallelo aumento per quella dei Paesi emergenti: nell’uno e nell’altro caso queste variazioni portano disattese e aspettative, causa di una forte instabilità sociale. Se da un lato i paesi emergenti sfruttano le opportunità offerte dalla globalizzazione per conquistare mercati, lo fanno grazie a un costo del lavoro ancora basso e povero di garanzie e tutele, patrimonio invece acquisito delle società occidentali; condizione destinata però a riequilibrarsi. All’opposto, nei Paesi più ricchi, l’impoverimento del ceto medio crea tensioni e aumento dell’egoismo sociale. Quello che stà avvenendo nel Nord-Africa è solo l’avvisaglia di un fenomeno che già comincia a presentarsi in Cina piuttosto che in Cile.
Ora, di solito le variazioni di status sociale rappresentano un valore perché, se ben governate, consentono l’affermazione di nuove opportunità secondo il concetto del “merito”; più problematici sono gli effetti quando dipendono da condizioni etero-dirette. E, nel caso dell’economia occidentale, la crisi rischia d’essere aggravata dall’appiattimento delle politiche alle logiche economiche e utilitaristiche della finanza il cui controllo è, quantomeno agli occhi dei più, nebuloso.
Mi riferisco a quei governi-ombra rappresentati dalle Agenzie di rating internazionale che con i loro scarni comunicati, a volte contraddittori, sono capaci di determinare crisi politiche, improvvisi impoverimenti generali e altrettanto improvvise ricchezze. Come nascono, da chi sono pagate? Mi pare un quesito interessante, almeno per il comune cittadino, visto che, con poche righe e al di là di comportamenti avventati come quelli della Grecia, miliardi di Euro o Dollari vengono “bruciati” e con essi posti di lavoro e aspettative di vita. Ci si poteva ben aspettare dal colosso europeo una maggiore capacità di controllo e governo di questi fenomeni e delle specificità sociali e produttive dei Paesi che la compongono, e non la pretesa di appiattire su un “modello unico” le diversità, frutto di secoli di storia, ambiente, cultura, esse stesse ricchezza. Ma forse l’Occidente è governato da potenti lobbies che vedono nel controllo subliminale dei bisogni e delle opportunità, nel comprimerli o soddisfarle, l’occasione per l’ennesimo businnes. E’ la condizione del mercato della totale concorrenza (quando conviene) le cui regole sembra sian fatte per favorire determinati settori. E’ la condizione, tutta italiana, dell’interpretare le cosiddette “regole” per snaturare – invece che migliorare- interi pezzi dell’economia a vantaggio di alcuni interessi. Spacciando tutto per libero mercato!